In tanti ne parlano, ma ancora, nonostante si sia scomodata anche la psicanalisi, ancora resta in parte un mistero il perché Hitchcock nei suoi film più celebri, per quasi tutta la sua carriera, abbia ricercato, proposto e imposto lo stesso modello di donna, entrato ormai nell’immaginario collettivo, a prescindere dalla diva o dai gusti dell’epoca in cui il film veniva girato. Film dopo film, attrice dopo attrice, come in ossessivo meccanismo di coazione a ripetere.
Infatti, denominatore comune di questo archetipo femminile incarnato da Joan Fontaine a Tippi Hedren, fino a Janet Leigh, passando per Kim Novak, Grace Kelly, Eva Marie Saint , tanto per citarne alcune, era il fascino enigmatico, la bellezza glaciale dai tratti regolari, la femminilità quasi eterea e angelicata, eppure allo stesso tempo sensuale, inquietante, misteriosa e ambigua. E’ una femme fatale sui generis: bon ton ma non perbenista, filiforme, bionda, dalla pelle candida e dal viso poco truccato. E’ allo stesso tempo un’idealizzazione di un modello immaginario e immaginato, ideale e non reale.
Esse sono inizialmente inavvicinabili, poco o per nulla sessualmente disponibili – per non dire immacolate e caste – agli uomini che se ne invaghiscono fatalmente…ma restano pur sempre “neve sotto il vulcano” o “ghiaccio bollente”, come Hitchcock stesso definì Grace Kelly, e dunque, presumibilmente, tutte le altre precedenti e future…
Infatti, la sensualità delle donne volute da Hitchcock non ha nulla a che vedere con le bellezze fin troppo esibite esplosive delle pin up o delle dive tutte curve degli anni ’40 – ’50- e inizi ’60 che tanto spopolavano al cinema o sui rotocalchi. Anzi la scelta del regista parrebbe quasi una reazione, un manifesto contro quel tipo di donna. Hitchcock stesso, maestro della suspence, ha dichiarato: “Se la seduzione è troppo evidente, non c’è più suspense”. Che sia quindi il desiderio di mantenere la suspence nello svolgimento degli eventi la ragione di questa ricerca ossessiva?
Altri ritengono ancora nn chiare le ragioni, forse amore, mai espresso, nei loro confronti, trasformato in ossessione con un velo di sadismo, misto a venerazione, durante la lavorazione delle pellicole, stando ai racconti della Hedren e della Leigh, forse le più “maltrattate” per gli shock fisici subiti sul set (“Gli uccelli” e “Marnie” per la Hedren e “Psyco” per la Leigh).
Per iniziare una carrellata esplorando lo stile delle dive hitchockiane, volgiamo cominciare con quella che riteniamo tra le più emblematiche, ovvero Kim Novak, protagonista femminile di Vertigo, conosciuto in Italia come La donna che visse due volte, considerato dai critici il film più autobiografico del regista: la storia di un uomo che ha l’ossessione disperata di trasformare una donna in un’altra donna, amata nel passato.
In questa ricerca, il cambiamento di styling, diciamo pure un total make over, si rivela quindi l’elemento chiave per riportare in vita la prima donna. E così la bruna procace dalla femminilità esuberante e dal trucco marcato,
con una tinta platino, un tailleur grigio castigato con gonna a tubo lunga fino al polpaccio e un trucco quasi invisibile
(tipico modello dei tailleurs di moda negli anni Cinquanta)
oltre ad un hairstyling raccolto in uno chignon a spirale (che rimanda alla vertigine del titolo originale),
si trasforma nella copia identica dell’algida ed enigmatica donna, che, come una fantasma si materializza dal bagno, nella stanza dell’hotel dove il protagonista, interpretato da James Stewart, la aspetta impaziente.
I capelli portati da queste donne possono essere raccolti, quindi , in chignon, come nel caso della Novak
o della Hedren ,
oppure avere un haircut medio, trattenuto o lavorato a onde, come nel caso di Grace Kelly in “La finestra sul cortile”, “Caccia al ladro” e “Il delitto perfetto”
e Eva Marie Saint, protagonista, insieme a Cary Grant di “Intrigo internazionale”.
Corti, ma non troppo invece per Janet Leigh in “Psycho”
o Doris Day in” L’uomo che sapeva troppo”
APPUNTI DI STILE
Gli outfit (apparentemente) perbenisti e bon ton con tagli asciutti lineari senza procaci scollature.
Uno stereotipo di donna che riscontriamo in alcune collezioni pret a porter di questo inverno e dei precedenti ( PRADA , MARRAS, AQUILANO RAIMONDI, SCERVINO).
Questo momento storico e sociale di crisi ha riportato in auge un modello di donna più’ rassicurante , meno esibita e sobria. Una sensualità’ velata. Da scoprire.
Quasi la voglia di un ritorno a valori autentici che vanno oltre l’egocentrismo personale di autorealizzazione soprattuto lavorativa al di sopra di tutto riscoprendo valori autentici come la famiglia.
Abbiamo detto che già nei film degli anni ’40, potevamo riscontrare la presenza di protagoniste femminili in tutto e per tutto aderenti al modello che si è imposto definitivamente negli anni ’50.
Ne sono emblemi Jean Fontaine, che potremmo definire “la prima donna” di Hitchcock,
e Ingrid Bergman (“Notorious” e “Io ti salverò), mordenissima, algida e mutevole. Capace di portare con grande attualità un outfit androchic
come un castigato abito da sera impreziosito da un collier scintillante, molto simile a quelli che vanno di moda da quest’estate.
Il nostro suggerimento per essere anche noi moderne incarnazioni di questo tipo di donna è di andare in soffitta o rovistare negli armadi di madri, nonne e zie e scovare i piccoli grandi elementi che daranno quel tocco retrò chic che farà la differenza nel vostro outifit: un cappello da uomo, una borsetta, una collana di pietre scintillanti, un foulard, un tailleur, una collana e degli orecchini di perle, una vecchia pelliccia. Per dare un tocco glam al vostro look…
Capelli di media lunghezza raccolti in chignon a banana
Make up naturale con incarnato esangue e labbra colorate con toni di rosso mai passionale….e l’algida femme fatale fu…
Buona ricerca!
…e poi raccontateci come è andata!
Bacini
I MURR