Da tempo vi raccontiamo sui nostri canali di comunicazione (questo blog, i nostri social network, il nostro libro Vestiti con stile) l’importanza di prendere consapevolezza del nostro corpo, analizzandolo per sezioni e non solo nella sua interezza. Abbiamo individuato tre grandi tipologie di fisicità di donna (a “pera”, a “mela”, a “banana”) e sopratutto non smetteremo mai di dirvi che ognuna è speciale con in proprio corpo e che il segreto è valorizzarne i punti di forza, dopo averli individuati, distogliendo così l’attenzione da quelli più critici.
Negli ultimi anni, sia la moda che la società stanno anche prendendo consapevolezza dell’assurdità che certi canoni di bellezza di donna pelle e ossa imposti sono irreali oltre che pericolosi per la salute fisica (e mentale) delle più giovani, ma non solo… Basta con l’ossessione per la magrezza, la filosofia “curvy” friendly sta prendendo piede e le curve più generose a poco a poco accettate e protagoniste di copertine, collezioni, passerelle, blog… Se ci avete seguito in questi mesi lo sapete!
Ma vi siete mai chiesti se questi canoni siano sempre stati gli stessi. In realtà nel corso dei secoli, ma più rapidamente durante tutto il Novecento, ogni 10-15 anni, con l’evoluzione della società, i cambiamenti di valori e gli eventi storici che di volta in volta si sono verificati, l’immagine di donna ideale non è mai stata la stessa, ma anzi sembra che ciclicamente si ripropongano, alternandosi, dei modelli di bellezza femminile sempre uguali.
Proviamo a fare una carrellata delle fisicità di donna considerate “ideali”, epoca dopo epoca nel corso del secolo scorso e diffuse non più con le arti figurative che nascendo dalle mani era frutto della loro fantasia, stilizzazione e idealizzazione. Con la fotografia e il cinema le cosiddette icone di bellezza erano donne reali, modelle e attrici, incarnazioni viventi dei modelli imposti.
La donna della Belle Epoque ha una linea sinuosa e slanciata: vita strettissima, seno spinto in avanti in modo innaturale, tutto questo per effetto di un nuovo modello di busto che appiattisce il ventre, enfatizza i fianchi, allarga la schiena e spinge indietro il bacino, facendo inarcare il corpo all’indietro e conferendo alla donna un profilo rigido e sinuoso. Pensate alle donne di Toulouse Lautrec, alle ballerine di Moulin Rouge.
Il Novecento, prima dello scoppio del primo conflitto mondiale è il secolo della femme fatale, della “vamp”, complice anche l’avvento del cinema. E’ caratterizzata da occhi e capelli nerissimi, corpo sinuoso, labbra carnose, sguardo magnetico; le sue caratteristiche primarie . E’ di straordinaria bellezza, aggressiva, ed è una grande seduttrice, perversa, crudele e spregiudicata. Incarna la passione carnale e l’istinto. Il pittore austriaco Klimt rende omaggio a questa figura di donna, sensuale e distruttiva, nei suoi capolavori “Giuditta I” (1901) e “Giuditta II” (1909): donne fatali dal volto enigmatico, lo sguardo inquietante, la pelle bianchissima e la capigliatura lunga e corvina.
Con la prima Guerra Mondiale ben altri sono i problemi di cui occuparsi, e così la donna abbandona completamente la cura del corpo e tende ad assumere caratteri androgini.
Duranti i “ruggenti” anni Venti, pervasi da un nuovo senso di libertà e speranza, l’ideale di bellezza femminile cambia radicalmente: ora è la donna garçonne, cosiddetta dalla foggia dei capelli, che, per la prima volta nella storia, vengono tagliati corti, alla maschietta.
I tratti androgini della donna, la fanno apparire un’eterna adolescente, con seno e vita inesistenti e fianchi stretti, corpo asciutto, magro, asessuato. La donna ora conduce una vita più dinamica e comincia a praticare sport, sia per il benessere fisico che per migliorare l’aspetto. Infatti adesso anche nelle donne si comincia ad apprezzare il fisico atletico.
Le nuove icone di bellezza, senza curve, magre e mascoline, simboleggiano l’aspirazione all’uguaglianza e parità tra i sessi.
Coco Chanel, dai tratti androgini, senza seno, senza fianchi, scattante, nervosa, invita le donne ad esporre la pelle ai raggi solari, ad eliminare i guanti e ad accorciare le gonne.
Leggendaria icona anni Venti è l’attrice Louise Brook: bellissima, il prototipo perfetto della ragazza flapper, (ma non meno femme fatale!) che si contraddistingue per l’indipendenza, l’anticonformismo, la capricciosa volubilità.
Con gli anni Trenta, torna l’ideale della donna sensuale, femminile ed elegante. Le donne sentono l’esigenza di rimettere in evidenza le loro forme e si impone cosi il canone della donna procace, mediterranea, “femmina”, incarnata dalle grandi dive di Hollywood.
In Italia, come in Germania, il regime fascista dedica al corpo della donna un’attenzione precisa e sistematica, tanto che si può parlare di una vera e propria politica del corpo.
La preoccupazione di Mussolini è quella di assicurare all’Italia una nuova stirpe, robusta, sana e forte e così le donne vengono invitate ad un programma di igiene salutistica-alimentare, in quanto possibili madri e quindi prime responsabili del miglioramento della razza.
Il modello di bellezza imposto alla donna italiana deve avere forme prosperose e fianchi ampi, ed essere forte e robusta; solo così sarà una vera madre e una buona moglie, in grado cioè di occuparsi della casa e della famiglia.
La campagna contro la donna magra, pallida e sterile si apre ufficialmente nel 1931 quando il capo dell’Ufficio stampa di Mussolini ordina ai giornali di eliminare tutte le immagini che mostrano figure femminili snelle e dal piglio mascolino.
La magrezza femminile diventa un punto centrale nel dibattito sulla bellezza, tanto che Mussolini chiede ai medici di intervenire a difesa del “grasso”, contro la moda della magrezza.
Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, gli Anni Quaranta sono un periodo di crisi e di grandi ristrettezze, in un clima di estrema austerità, anche in campo estetico.
Si ricerca uno stereotipo femminile di donna più in carne, evidente reazione alla cronica carenza di cibo che caratterizza questo periodo.
E così, durante la guerra iniziano a comparire su molte riviste degli Stati Uniti le prime pin-up, ragazze solitamente procaci ed ammiccanti. E’ il periodo in cui si raggiunge il top della femminilità e della sensualità.
Gli anni Cinquanta sono quelli della maggiorata, simbolo di benessere dopo gli stenti della Guerra. Il suo corpo è metafora del sogno di opulenza che vive l’Euopa e che si tradurrà nel boom economico. A partire dal secondo dopoguerra è il cinema, soprattutto quello americano, a proporre i nuovi canoni estetici: le vamp biondo platino, tutte superdotate, sono le ispiratrici della moda, del look, dello stile di vita di donne di ogni ceto sociale.
La donna ideale infatti è “a pera” ha fianchi tondi, seno esplosivo, gambe ben tornite: una donna in carne, che non si preoccupa delle diete o della cellulite. Le misure seno-vita-fianchi 90-60-90 rappresentano la formula della bellezza degli anni Cinquanta, forse più a clessidra che “a pera”: gambe lunghe, bellissimi fianchi e vita sottilissima sono il modello a cui ambisce ogni ragazza.
Con gli anni Sessanta – Settanta si assiste ad un altro cambio di tendenza e con la diffusione della cultura dello sport, il fisico femminile da morbido e burroso diventa tonico e scattante. La donna moderna ora è giovane, un’eterna adolescente, una ragazza agile e filiforme, di nuovo come la flapper degli anni Venti.
Negli anni Sessanta quindi le figure si assottigliano, le gambe si scoprono, i capelli si tingono di biondo svedese e gli occhi si ingrandiscono con ciglia finte e pesanti passate di eyeliner.
L’estremizzazione della bellezza femminile verso canoni filiformi , che potremmo definire “a banana”, avviene con il successo della modella inglese Twiggy, magra ai limiti dell’anoressia. Con lei nasce la donna grissino.
E come ormai avrete capito gli anni Ottanta vedono un rinnovato amore per le forme: ritornano le canoniche misure 90-60-90 e si ha un nuovo boom di seni esuberanti e di curve procaci, ancora una volta abbinati al vitino sottile, seno prosperoso, gambe slanciate, vitino di vespa, ventre piatto e sguardo ammaliante. Simbolo incontrastato di questo revival delle forme rotondeggianti è Cindy Crawford.
A partire dagli inizi degli anni Novanta si afferma un nuovo trend,che rimarrà in auge fino al primo decennio del XXI secolo.
Pallida, con gli occhi cerchiati, Kate Moss inaugura la bellezza minimale degli anni Novanta, un indiscusso canone estetico ancora oggi in auge e ambito.
Sono gli anni dell’estrema magrezza femminile come ideale sia estetico che morale poiché al corpo esile e scattante vengono attribuiti valori quali ambizione, organizzazione, potere, autoaffermazione sociale.
Questo canone porterà nel terzo millennio l’ossessione morbosa per il corpo: è il corpo al centro dell’interesse e non la persona; non conta tanto essere quanto apparire, all’essenza viene sostituita l’apparenza, alla spontaneità il controllo.
L’ “essere in forma”, demonizzando i centimetri di grasso sul corpo è oggi un imperativo categorico, poiché un fisico longilineo, liscio e levigato non dà solo l’idea del bello ma anche dell’essere sano. Essere belle dunque, secondo questo canone imposto e ormai collettivo, significa essere magre, esili, slanciate. Ideale fuorviante che spesso resta tale e perciò troppo spesso motivo di frustrazioni, depressione patologie alimentari e mentali.
Per fortuna, come abbiamo detto all’inzio, qualcosa sta cambiando e forse andremo sempre più non tanto verso l’imposizione di un nuovo canone di bellezza, ma verso l’esaltazione e l’amore che ogni donna deve avere per il proprio corpo così come è, con tanto o poche forme, senza ossessioni e paure di non accettazione, ma focalizzandoci sull’unicità di ciascuna.
Facciamo un gioco… E voi in che decennio idealmente sareste state canone di bellezza? provate a guardare come si vestivano le donne di quell’epoca per capire come valorizzavano i propri punti di forza..
bacini
I MURR
(ringraziamo per l’esaustivo spunto cronologico della storia del costume e delle fisicità http://alicecarolidotcom.wordpress.com/la-mia-tesi/, da cui abbiamo tratto alcuni passi all’interno della nostra carrellata di corpi femminili attraverso i decenni)
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